Noi di Ristoranti Roma abbiamo incontrato Danilo, proprietario di Atami Sushi, per capire cosa significa gestire un ristorante di sushi alternativo nella nostra città. In questa intervista, Danilo condivide con noi le motivazioni pragmatiche che lo hanno portato ad aprire il suo locale, le sfide quotidiane nel settore della ristorazione e i suoi progetti per il futuro. Un racconto diretto e senza fronzoli che offre uno sguardo realistico sul panorama culinario romano.

L’intervista:

Abbiamo chiesto a Danilo, tre aggettivi per descrivere il suo ristorante.

Danilo: “ottimo, accogliente, delizioso. Ottimo sicuramente per la qualità del prodotto, accogliente per l’attenzione che mettiamo ai clienti, e delizioso perché l’ambiente è gradevole, il cibo lo do per scontato.”

Secondo Just Eat il sushi è diventato una routine alimentare degli italiani, abbiamo chiesto se si possa considerare il sushi parte della cultura italiana.

“Sicuramente negli ultimi anni è entrato in maniera prepotente, il sushi, nella cultura culinaria italiana, però ha ancora un target limitato tra i 25 e i 35 anni, diciamo che le persone più adulte sono ancora un po’
scettiche”.

L’importanza della zona e come emergere nel mercato

La zona è cruciale per un ristorante. Abbiamo chiesto perché aprirne uno proprio a Portuense?

“È stata una casualità, stavamo cercando dei locali, era quello che aveva il miglior rapporto qualità-prezzo quando l’abbiamo acquistato. È una bella zona abbastanza ricca, quindi diciamo con un reddito medio pro capite medio alto.

Ma come si fa ad emergere un mercato come quello della ristorazione a Roma, una città colma di Ristoranti?

Danilo ci dice: “Beh, in questo momento sicuramente non è facile, non è tutto oro quello che luccica, però quello che è importante è avere la costanza, non perdere mai di vista il discorso della qualità del prodotto, perché sono pienamente convinto che la qualità paghi sempre, e questo è l’obiettivo principale. E poi ovviamente oggi ci sono tutti gli strumenti possibili e immaginabili per promuovere una nuova attività, però torno a dire se alla base non c’è la qualità, il servizio, tutta la promozione del mercato può essere vanificata.”

A questo punto gli abbiamo chiesto cosa consiglierebbe a ristoratori emergenti:

“Tanto lavoro sul prodotto, qualità, promozione e attenzione al cliente. I clienti sono i migliori marketer in assoluto perché ancora il passaparola ha la sua importanza.”

Domande più personali

Passando a domande più personali abbiamo chiesto quale fosse il sogno di Danilo da bambino:

“Il mio sogno da bambino non era sicuramente quello di aprire un ristorante, volevo fare il pilota da aereo, però man mano che sono andato avanti con l’età ha incominciato a diventare la mia passione, la ristorazione.”

Però si può anche volare si può volare nel mondo della ristorazione.

A questo proposito gli abbiamo chiesto la cosa più strana che gli sia accaduta nel mondo della ristorazione:

“Allora, ancora è passato poco tempo, quindi diciamo di stranezze eclatanti non ce ne sono tante, ma ci
sono tante stranezze quotidiane. La stranezza principale purtroppo oggi è il rapporto con i dipendenti”

Allora, abbiamo chiesto, perché proprio il sushi?

“Allora, diciamo che è stata una scelta obbligata, perché nel momento in cui abbiamo trovato questo locale che aveva un rapporto qualità-prezzo di un certo tipo, ci siamo trovati di fronte a un bivio. Il locale già era un locale di sushi, quindi cambiare la destinazione d’uso di questo locale poteva essere un rischio, mentre mantenere il sushi comunque dava continuità. Quindi abbiamo deciso di continuare sul sushi, però di cambiare sulla vecchia gestione e iniziare a fare dei discorsi diversi, quindi dei piatti fusion; abbiamo inserito il discorso del sushi di carne con tutte lesue varianze eccetera. Quindi, vogliamo continuare ancora su questo percorso, quindi piatti sempre più innovativi e più fusion. Quindi il sushi si presta anche a questi discorsi, cioè non è vincolato a quelli che sono i dogma giapponesi, ma ha la possibilità di spaziare.”

Assumeresti un robot?

Ultimamente il mondo delle AI e dei robot sta apprendendo il sopravvento. Abbiamo chiesto a Danilo se assumerebbe un robot:

“Sicuramente sì. Perché assumo un robot, non ho problemi, fa i suoi orari, non dice niente, fa quello che gli dico io, quindi alla fine un robot lo assumerei. Non in cucina però. Perché la cucina ha bisogno anche di creatività e solo l’uomo può dare creatività. Nel servizio invece il robot fa il suo lavoro in maniera perfetta, serve i tavoli come deve servirli, con le uscite, con la tempistica e tutto. E non si innervosisce.”

Crescita personale e dove ti vedi tra 5 anni?

Come si cresce come ristoratore? Anche imparando a mangiare. Abbiamo chiesto a Danilo che cibo non voleva mangiare, ma ha poi adorato:

“Sì, quando ero giovane avevo un po’ di paura di mangiare i crostacei o cose del genere. Poi ho assaggiato un’aragosta alla catalana ed è diventato praticamente il mio piatto preferito in assoluto, tant’è vero che mi sono cimentato anche a farla, con ottimi risultati a detta, diciamo, di chi l’ha mangiata.”

La domanda finale è stata dove si vedesse tra cinque anni:

“Io spero di riuscirci, ed è il sogno sia mio che dell’amministratore di questa società, di andare via dall’Italia e aprire un locale all’estero, sappiamo già più o meno dove vorremmo aprirlo, e passare gli ultimi anni in questo locale, che è possibilmente in riva al mare, non molto impegnativo, e divertirci e nello stesso tempo lavorare. Sempre un paese mediterraneo.”

Abbiamo quindi concluso con un brindisi.

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